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Oggi i temi ambientali ed ecologici sono oggetto di grandi discussioni a livello mondiale, molto più che in passato. Negli anni ’70 del secolo scorso è iniziata una seria riflessione - in particolare nei paesi più industrializzati - sui pericoli che il nostro pianeta corre a causa di un uso indiscriminato delle risorse naturali, in particolare dopo la crisi petrolifera degli anni 1973-74. Gli sviluppi della civiltà dei consumi hanno costretto l’opinione pubblica ed i Governi a preoccuparsi dei problemi ambientali con grande attenzione. Oggi notiamo un grosso livello di degrado ambientale in molte zone del pianeta, in particolare nei grandi agglomerati urbani, a causa di numerosi fattori.

Alcuni esempi di tali fattori sono l’estensione dei centri urbani, la motorizzazione di massa, il moltiplicarsi del consumismo, con conseguente accumulo dei rifiuti solidi, l’uso sempre più massiccio di prodotti non biodegradabili, gli scarichi delle industrie chimiche nell’atmosfera o nei corsi d’acqua, tanto per dirne alcuni – che hanno anche influito, e non poco, sugli equilibri ecologici delle aree non industrializzate e non urbanizzate.

Negli ultimi anni la comunità scientifica internazionale ha richiamato l’attenzione su tanti altri fenomeni, ad es. l’assottigliarsi dello strato di ozono che protegge la Terra dalle radiazioni ultraviolette, o il formarsi di una cappa di anidride carbonica che provoca il c.d. effetto serra, cioè un innalzamento della temperatura che rischia di alterare, con conseguenze assai disastrose, gli equilibri ecologici dell’intero pianeta, la carenza di risorse energetiche, lo sviluppo demografico, e altre questioni ancora. Sono nate così, un po’ in tutto il mondo, associazioni e gruppi che lottano contro l’inquinamento, che cercano di tutelare l’ambiente e il territorio, di difendere le specie animali a rischio di estinzione, o per altre cause analoghe, come Greenpeace e il WWF. Anche gli Stati sono intervenuti sottoscrivendo importanti trattati, varando nuove leggi, istituendo appositi organismi per tutelare l’ambiente e lanciando importanti campagne ecologiche. Tuttavia, anche se oggi l’esigenza di tutelare l’ambiente è riconosciuta da tutti i movimenti politici, esiste una grossa spaccatura fra gli ecologisti “puri”, spesso attivi nei movimenti “verdi”, e quelli che possono essere definiti “industrialisti”. Mentre i primi ritengono un fine primario la difesa dell’ambiente, contestano il principio dello sviluppo a ogni costo e accusano la logica della stessa società industriale, i secondi non vogliono sacrificare alla causa dell’ecologia i motivi dello sviluppo economico e tecnologico, affidando proprio a questo progresso la speranza di risolvere in maniera equilibrata il problema del rapporto tra uomo e ambiente. Nonostante queste diversità di pensiero e le difficoltà interne e internazionali, oggi gli Stati sono consapevoli dei problemi ambientali e dibattono al fine di trovare soluzioni condivise, a tutela del nostro pianeta. Importanti discussioni si sono avute e sono ancora in corso in tutto il mondo, in particolare da parte degli Stati dell’Unione Europea e in occasione dei summit tra i Capi di Stato e di Governo, come il G8. Anche l’Italia partecipa a questi importantissimi dibattiti.

Fonte video: http://www.youtube.com/ - Severn Suzuki - Discorso alle Nazioni Unite, 1992

Con l’entrata in vigore del Protocollo di Kyōto, nel 2005, gran parte degli Stati del mondo inizia a ragionare secondo una nuova filosofia, a tutela dell’ambiente e del clima. Il Protocollo obbliga i Paesi industrializzati che vi hanno aderito a ridurre entro il 2012 le emissioni di gas serra del 5% rispetto ai valori registrati nel 1990. Alcuni Stati, come il Giappone e la Germania, hanno adottato leggi e registrato un primo calo. Altri, come l’Italia, trovano qualche difficoltà a sposare i requisiti di Kyoto al crescente bisogno di energia, tanto che negli ultimi tempi si è riaperto il dibattito sull’opportunità di tornare al nucleare. Con l'accordo di Doha, l'estensione del Protocollo è stata prolungata fino al 2020. Oltre al Protocollo di Kyōto, negli ultimi decenni sono stati sottoscritti anche altri accordi volti a tutelare l’ambiente, si sono tenute e si stanno tenendo importanti conferenze, in particolare in sede ONU, e si stanno cercando di trovare soluzioni al fine di evitare che lo stato di salute del nostro pianeta possa peggiorare nei prossimi anni. Periodicamente vengono pubblicati i risultati di importanti studi sullo stato di salute del nostro pianeta, i quali non fanno che allarmarci sempre più. Basta vedere ad es. i Living Planet Report del WWF, rapporti sullo stato di salute della Terra, pubblicati ogni 2 anni, l’ultimo dei quali è stato pubblicato l'anno scorso. Da tali pubblicazioni risulta un quadro davvero critico sullo stato di salute del nostro pianeta, e questo deve davvero far riflettere sulle conseguenze cui andremo incontro se non ci daremo una mossa in tempi brevi. La nostra amata Terra va assolutamente salvaguardata, e questo va fatto immediatamente! Non c’e’ più tempo da perdere! Sono tante le sfide che ci attendono, ed è tempo di dare una svolta al nostro agire. L’Italia e gli altri paesi dell’Unione Europea sono chiamati perciò ad affrontare queste nuove sfide, in un mondo globalizzato in costante aumento. Gli Stati membri dell’UE e i cittadini, sono dunque chiamati a uno sforzo collettivo, pertanto servono regole comuni. Per questo è molto sentita l’esigenza di rivedere i trattati attualmente in vigore. E proprio in questa direzione va il Trattato di Lisbona, sottoscritto il 13 dicembre 2007 ed entrato ufficialmente in vigore il 1° dicembre 2009 in tutti i Paesi dell'UE. Il Trattato di Lisbona - che modifica il trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea - dota l’Unione Europea del quadro giuridico e degli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere così alle aspettative dei cittadini. Inoltre rafforza la capacità di azione dell’UE in diversi settori prioritari per l’Unione stessa e per i suoi cittadini, e questo vale anche per temi come la politica ambientale, la politica energetica o i cambiamenti climatici.

Il Trattato di Lisbona afferma che uno degli obiettivi dell'Unione è operare per uno sviluppo sostenibile dell'Europa sulla base, in particolare, di un elevato livello di tutela e del miglioramento della qualità dell’ambiente. Malgrado l'idea dello sviluppo sostenibile figuri anche nei trattati attualmente in vigore, il Trattato di Lisbona la rafforza e ne precisa la portata. Lo sviluppo sostenibile rientra anche tra gli obiettivi fondamentali dell'UE nelle sue relazioni con il resto del mondo. L'ambiente è una delle sfere di competenza che l'Unione Europea condivide con gli Stati membri. Quando l'UE interviene in questo campo deve contribuire al perseguimento di obiettivi precisi: preservare, tutelare e migliorare la qualità dell'ambiente; proteggere la salute; incoraggiare un uso prudente e razionale delle risorse naturali; promuovere misure a livello internazionale per affrontare problemi ambientali di portata locale o globale. I cambiamenti climatici costituiscono oggi una delle maggiori sfide ambientali, sociali ed economiche per l’umanità. Con il Trattato di Lisbona, la lotta a livello internazionale contro i cambiamenti climatici diventa un obiettivo specifico della politica ambientale dell’UE. Il nuovo trattato aggiunge infatti all’elenco degli obiettivi di tale politica la partecipazione dell’Unione all’azione internazionale per combattere i cambiamenti climatici. In tal modo, viene riconosciuto chiaramente il ruolo di primo piano che l’UE può svolgere in questo campo sulla scena mondiale.

In Italia, la tutela ambientale è riconosciuta a livello costituzionale - l’art. 9 della nostra Costituzione stabilisce, tra l’altro, che è compito preciso dello Stato tutelare il paesaggio - ma anche in tutta una serie di norme, poste a salvaguardia dei c.d. beni ambientali, quali l’acqua, il suolo, l’atmosfera, la fauna, la flora, il clima, il paesaggio, il patrimonio storico-artistico, oggi oggetto di attentati sempre più frequenti, in seguito allo sviluppo economico e tecnologico, per cui si pone l’esigenza di una apposita legislazione - anche a livello comunitario – che concili e bilanci la tutela di questi 2 tipi di interessi – il c.d. sviluppo sostenibile. Purtroppo, in Italia oggi non sembra esistere una politica organica volta alla tutela dell’ambiente. Solo negli anni ’70 e ’80 si dato avvio a una prima attuazione dell’art. 8 della Costituzione, con la costituzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali – con legge 29 gennaio 1975 n.5 - e del Ministero per l’Ambiente - con legge 8 luglio 1986 n.349 - e successivamente con l’approvazione di altre leggi in materia di tutela dell’ambiente, ad es. la legge 18 maggio 1989 n.183, recante norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo; la legge 6 dicembre 1991, n.394: legge-quadro sulle aree protette; la legge 28 febbraio 1992 n.220, sugli interventi per la difesa del mare; la legge 21 gennaio 1994 n.65, istitutiva dell’Agenzia Nazionale per la protezione dell’ambiente e delle Agenzie regionali; il decreto legislativo 18 agosto 2000 n.258, sulla tutela delle acque dall’inquinamento; la legge 22 febbraio 2001 n.36, sull’inquinamento elettromagnetico; e poi con l’avvento di una politica di tutela ambientale da parte delle Regioni. Il Decreto legislativo n.112 del 1998 ha attribuito alle Regioni e agli enti locali le funzioni e i compiti amministrativi dello Stato in materia di protezione della natura e dell’ambiente, di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e di gestione dei rifiuti, salvo l’esercizio di alcune funzioni di rilievo nazionale mantenute allo Stato. A norma dell’art.117 della Costituzione, spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, ma lo stesso articolo, attribuisce poi alla competenza legislativa concorrente - cioè la potestà legislativa non è più solo dello Stato, ma anche delle Regioni; lo Stato pone i princìpi fondamentali entro cui le Regioni possono legiferare,le Regioni legiferano nei limiti di tali princìpi - la valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Sono dunque materie in cui intervengono a disciplinarle la legislazione statale e quella regionale, e, in non pochi casi determinando situazioni di contrasto tra questi 2 livelli normativi. Spetterà alla Corte Costituzionale - organo costituzionale cui spetta, tra l’altro, di risolvere i conflitti di attribuzione tra i poteri fra Stato, su quelli tra Stato e Regioni, e tra le Regioni - in caso di dubbio, dichiarare se spetta allo Stato o alla Regione la competenza legislativa su quella materia. Sarebbe pertanto auspicabile una revisione di questo articolo, affinchè la sua nuova formulazione attribuisca in modo più chiaro le competenze tra Stato e Regioni anche in materia di tutela dell’ambiente.

Fonte video: http://www.youtube.com/ - Giornata Mondiale Ambiente - 5 giugno 2014 - Earth Day Italia

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